3.1 I CENTRI DI SERVIZIO AL VOLONTARIATO

 

La Legge 266/91 all'art. 15 (1) ha previsto una forma di sostegno concreto alle associazioni di volontariato iscritte e non ai Registri Regionali ed al 21 novembre 1991 risale il decreto emanato dal Ministro del Tesoro di concerto con il Ministro per gli Affari Sociali, che ha stabilito le "Modalità per la costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le Regioni". Il Decreto dispone la ripartizione dei fondi accantonati da enti creditizi (2) per un quindicesimo dei propri proventi (3), nonché la composizione del Comitato di Gestione per l'erogazione, la gestione ed il controllo dei fondi speciali da costituire in ciascuna regione.

I finanziamenti disponibili a livello nazionale per il primo biennio di avvio dei Centri ammontavano nel 1996 a £. 26.383.014.046. Essi sono relativi ai bilanci consuntivi 1992 e 1993 delle Fondazioni, ma una somma superiore, £. 84.836.493.702 è stata accantonata relativamente ai bilanci consuntivi 1994/95/96, che il decreto 8/11/1997 al fine di recuperare i ritardi accumulati, stabilisce che siano dedicati interamente al secondo biennio di attività dei Centri. Tali fondi sono destinati al secondo biennio di attività dei Centri, ovvero per i Centri sinora istituiti per il 1999-2000.(4)

I fondi sono gestiti a livello regionale dal Comitato di Gestione dei fondi speciali che è composto da 15 membri: 8 rappresentanti delle Fondazioni, 6 nominati secondo le disposizioni regionali in materia di cui 4 tra le organizzazioni di volontariato maggiormente presenti sul territorio regionale e iscritte al Registro Regionale, 1 rappresentante dell’ente locale, 1 rappresentante della Regione ed 1 rappresentante del Ministro della Solidarietà Sociale.

I Comitati di Gestione hanno il compito di ricevere le istanze per l'istituzione dei Centri di Servizio, e, d'intesa con l'Ente Locale, istituirli, erogare i fondi e controllarli.

I Centri di Servizio secondo il DM 21.11.91 "hanno lo scopo di sostenere e qualificare l'attività di volontariato. A tal fine erogano le proprie prestazioni sotto forma di servizi a favore delle organizzazioni di volontariato. In particolare, fra l'altro:

  1. approntano strumenti e iniziative per la crescita della cultura della solidarietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato e il rafforzamento di quelle esistenti;
  2. offrono consulenza e assistenza qualificata nonché strumenti per la progettazione, l'avvio e la realizzazione di specifiche attività;
  3. assumono iniziative di formazione e qualificazione nei confronti degli aderenti ad organizzazioni di volontariato;
  4. offrono informazioni, notizie, documentazioni e dati sulle attività di volontariato locale e nazionale"

L'istituzione e l'avvio dei Centri di Servizio ha registrato gravi ritardi in tutte le Regioni rispetto alla legge che li istituisce, nonostante le sollecitazioni siano pervenute da più parti. (5)

La nomina dei rappresentanti del Ministero degli Affari Sociali all'interno dei Comitati di Gestione risale al 25.12.1995 e tra il 1996 e il 1999 si sono insediati i Comitati di Gestione in 18 Regioni. I Comitati di Gestione non sono ancora stati istituiti in Campania e Calabria. In queste due ultime regioni i componenti dei Comitati di Gestione sono stati nominati rispettivamente nei mesi di luglio e dicembre 1999, ma non si sono ancora riuniti.

Le cariche dei Comitati di Gestione sono gratuite e hanno la durata di due anni dalla nomina. Il Decreto Ministeriale 8.10.98 dispone che i Comitati di Gestione debbano essere rinnovati alla scadenza del biennio senza possibilità di proroghe. Ciò nonostante alcuni Comitati hanno terminato il loro mandato, e per inadempienze degli organi di competenza (soprattutto le Regioni) non si è ancora provvedutoa rinnovarlo, mettendo in difficoltà le attività avviate.

Negli anni 1996/97 le organizzazioni di volontariato si sono incontrate in assemblee locali, provinciali, regionali per costituire nuovi soggetti giuridici e potersi così candidare alla gestione dei Centri di Servizio. Queste associazioni di 2° livello hanno presentato proposte e progetti ai Comitati di Gestione (a seguito dei bandi per l’affidamento dei Centri); infine hanno ricevuto dai Comitati di Gestione in affidamento i Centri e le risorse (fondi speciali) per attivare l’organizzazione, la programmazione e la produzione dei servizi a favore delle realtà di volontariato.

Le 14 regioni, e la Provincia autonoma di Trento che hanno deliberato l’istituzione dei Centri di Servizio sono state, nell'ordine:

Emilia Romagna e Veneto I° semestre 1997

Lombardia, Piemonte, Liguria, Toscana, Molise, Basilicata II° semestre 1997

Marche, Sardegna, Abruzzo (per 1 Centro) I° semestre 1998

Umbria, Lazio II° semestre 1998

Abruzzo (per 3 Centri), Valle D’Aosta I° semestre 1999

Provincia autonoma di Trento II° semestre 1999

Il Comitato di Gestione della Provincia Autonoma di Bolzano ha scelto di non istituire i Centri di Servizio, ma di emanare un bando che consenta di erogare contributi alle associazioni che presentano progetti.

 

Nei primi mesi del 2000 i Centri di Servizio istituiti sono 50, in 15 regioni, delle quali 7 al nord, 4 al centro, 3 al sud ed uno nelle isole.

 

 

Nord

Centro

Sud

Isole

N° di Regioni che hanno istituito Centri di Servizio

7

4

3

1

Regioni che hanno istituito Centri di Servizio

Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Valle D'Aosta, Liguria, Trentino Alto Adige solo per la Provincia autonoma di Trento.

Toscana, Marche, Umbria, Lazio

Molise, Basilicata, Abruzzo

Sardegna

Si contano 4 centri in Abruzzo, 2 in Basilicata, 9 in Emilia Romagna, 2 nel Lazio, 4 in Liguria, 9 in Lombardia, 1 nelle Marche, 3 in Molise, 3 in Piemonte, 1 in Sardegna, 1 in Toscana, 2 in Umbria, 1 in Valle d’Aosta, 7 nel Veneto, e 1 nella Provincia autonoma di Trento.

 

 

Questa suddivisione deve tuttavia tenere conto che la realtà organizzativa dei Centri è molto varia, infatti ci sono alcuni Centri che pur avendo un'unica sede regionale hanno delegazioni provinciali o Centri che hanno un'area di competenza che copre più province.

Infatti,

9 sono a carattere regionale di cui 4 hanno un unico centro (Toscana, Marche, Sardegna, Valle D’Aosta), e 5 operano contestualmente ad altri centri in più sedi regionali o articolazioni provinciali o interprovinciali (1 Piemonte, 2 Lazio, 2 Basilicata)

35 hanno carattere provinciale (9 Emilia Romagna, 7 Veneto, 7 Lombardia, 4 Liguria, 2 Umbria, 1 Molise, 4 Abruzzo, 1 Provincia autonoma di Trento)

4 hanno carattere interprovinciale (2 Piemonte e 2 Lombardia)

2 hanno carattere sub provinciale (2 Molise)

Rispetto all’ente gestore, 44 Centri di Servizio sono gestiti da associazioni di associazioni e 6 sono gestiti da un’unica associazione.

Il Decreto Ministeriale 8.10.94 all’Art. 4 sancisce la formazione come uno degli obiettivi principali nell’attività svolta dai Centri di Servizio e questo è proprio uno degli ambiti che i Centri hanno considerato come primario. I Centri di Servizio hanno anche svolto attività di consulenza di tipo legale, fiscale e amministrativa, realizzato momenti di informazione, di promozione di iniziative di e per il volontariato, attivato centri di documentazione e ricerca.

Nonostante non sia indicato che i Centri debbano ottenere una specializzazione, si registrano forme di specializzazione non tanto nei servizi offerti al pubblico, quanto nella collaborazione tra i Centri. "L’attivazione di specializzazioni consente di approfondire tematiche particolari ed il Centro così specializzato diventa consulente in materia degli altri Centri presenti in regione, oppure organizza i momenti di aggiornamento comuni, ecc. Le specializzazioni vengono decise e sviluppate sia a partire dall’esigenza di approfondire un determinato servizio o sulla spinta di articolare richieste delle associazioni, sia in considerazione delle specifiche competenze o esperienze presenti nei Centri, che, valorizzate e sviluppate, vengono messe a disposizione degli altri Centri nella stessa regione." (6) Le regioni che hanno attivato questa forma di specializzazione sono l’Emilia Romagna, il Veneto, la Liguria, il Molise, il Piemonte, l’Umbria e il Lazio.

Oltre alle attività di base e istituzionali i Centri hanno attivato altri servizi, tra i quali la realizzazione di banche dati, servizi logistici e di segreteria, internet, ufficio stampa, progettazione europea.

Per l’area della formazione è stato istituito un Gruppo di Lavoro nazionale per permettere l’approfondimento di alcune tematiche particolari e per offrire occasioni di scambio e confronto delle esperienze valorizzando particolari competenze o professionalità all’interno dei Centri.

Il Gruppo di Lavoro, al quale partecipano rappresentanti di diversi Centri di Servizio, ha redatto un documento programmatico sulla formazione allo scopo di definire non solo il valore della formazione all’interno del mondo del volontariato, ma anche alcune proposte operative per i Centri di Servizio stessi ed il Gruppo di Lavoro.

Dal monitoraggio nazionale (7) condotto dal Cesiav - Centro Studi e Iniziative per l'Associazionismo e il Volontariato - tra l’estate e l’autunno del 1998 già emerge come l’83% dei Centri intervistati (42 su 44 esistenti al momento) avessero un piano di formazione e alcuni di essi avessero attivato una specializzazione in tema di formazione (Cespim Imperia, Univol Torino-Asti-Cuneo-Alessandria, Centro di Servizio al Volontariato di Padova, Centro di Servizio al Volontariato di Modena, Il melograno Larino, Cesvip Isernia). Tali specializzazioni sono state assunte, come sottolineato nella ricerca sopra citata, per vie differenti, ma soprattutto tramite accordi tra i Centri della stessa regione, per valorizzare le esperienze locali presenti, in base alle richieste delle stesse associazioni e per valorizzare le professionalità già presenti nei Centri stessi.

Le figure professionali presenti all’interno dei Centri sono di diversa natura e provengono da percorsi professionali ed esperienze diverse: ogni Centro è gestito in parte da personale volontario ed in parte da personale retribuito, tra cui di solito direttori o coordinatori, segretari e operatori. Nei casi in cui siano presenti nell’organico del Centro figure con professionalità specifiche, queste permettono di sostenere con le loro competenze uno sviluppo particolare in un settore.

In realtà l’attività formativa vera e propria è ancora in fase di preparazione per i Centri più recenti. Decisiva in questo senso è proprio l’anzianità, perché è evidente come nel periodo iniziale di un nuovo Centro si registri un percorso da un lato di avvio delle attività, dall’altro di conoscenza e di instaurazione di relazioni con le associazioni di volontariato e le realtà del territorio.

Inoltre, in questi anni non si è riusciti a trovare un accordo con le rappresentanze delle Fondazioni sul riequilibrio delle risorse regionali. Il divario tra nord e sud Italia è enorme (8) ed il sostegno al volontariato viene a mancare proprio in quelle regioni meridionali dove è già difficile operare e sarebbe fondamentale l’opera delle associazioni di volontariato.

Dalla Conferenza Nazionale sul Volontariato, tenutasi a Foligno nel dicembre del 1998, emergevano le proposte di costituire un fondo di solidarietà per quelle regioni che hanno scarsa dotazione di fondi, e di creare sorte di gemellaggi tra i Centri delle regioni dove essi si sono avviati da tempo e soprattutto nelle regioni meridionali dove l’istituzione dei Centri è più in ritardo.

 


NOTE

1) Regolati dai decreti applicativi del 21.11.1991, 2.12.1994, 8.10.1997
2) Fondazioni ed Enti sorti dagli Istituti di credito di diritto pubblico cui all’art. 12 I° co., del D.L. 20.11.90, n° 356
3) Il 50% al Fondo Regionale dove gli enti di credito hanno sede legale, e il 50% ad altre Regioni

4) Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli Affari Sociali, "Rapporto biennale sul volontariato in Italia 1998" , pag. 278
5) Il primo ostacolo fu imposto da un ricorso al TAR del Lazio presentato da alcune associazioni di volontariato che rivendicavano la loro scarsa rappresentatività numerica all’interno dei Comitati di Gestione. Anche le Casse di Risparmio presentarono un ricorso alla Corte Costituzionale per richiedere una maggiore autonomia nel poter stendere i propri statuti, dato che l’art. 15 della Legge 266/91 gli imponeva di recepire nelle norme statutarie quanto doveva essere destinato al fondo nazionale per il volontariato. La Corte Costituzionale non ha riconosciuto le istanze delle Casse di Risparmio ed ha decretato favorevole l’art. 15 con la sentenza n°500 del 29.12.1993. Successivamente la Corte Costituzionale, per una terza volta, si è dovuta pronunciare sull’art. 15, ribadendo la liceità dell’art. 15.
6) Atti II Seminario Nazionale sulla Formazione, pg. 24
7) Ricerca curata da A. Voltolini, E. Linati, F. Oman, con la direzione di G. Memo
8) Dal bilancio consuntivo del 1994/95/96 si evince, ad esempio, che le risorse a disposizione dell’Emilia Romagna sono di 15 miliardi, mentre per la Sicilia 187 milioni


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