2. NORMATIVA NAZIONALE E NORMATIVE
REGIONALI
La legge 11 agosto 1991, n. 266
"Legge - quadro sul volontariato" come è noto, dopo
aver riconosciuto il valore sociale e la funzione dell'attività
di volontariato come espressione di partecipazione, solidarietà
e pluralismo, enuclea i principi generali a cui le Regioni e le
Province autonome dovranno uniformarsi nel disciplinare i loro
rapporti con le organizzazioni di volontariato, creando così i
presupposti necessari a garantire lo svolgimento uniforme del
volontariato su tutto il territorio nazionale. (1)
In questo senso
significativamente lart. 1, comma 2, dispone: "La
presente legge stabilisce i principi cui le Regioni e le Province
autonome debbono attenersi nel disciplinare i rapporti fra le
istituzioni pubbliche e le organizzazioni di volontariato nonché
i criteri cui debbono uniformarsi le amministrazioni statali e
gli enti locali nei medesimi rapporti".
In particolare, poi, lart.
10 della predetta legge, la cui rubrica titola "Norme
regionali e delle province autonome", al comma 1, precisa le
finalità che debbono essere perseguite dalle normative regionali
e/o provinciali alle quali spetta il compito di salvaguardare lautonomia
di organizzazione e di iniziativa del volontariato e di favorirne
lo sviluppo.
Subito dopo, al comma successivo,
il legislatore statale, attraverso lapprontamento di un
elenco ritenuto dalla dottrina non tassativo, individua le
materie che dovranno essere regolamentate dalla normativa
regionale e provinciale.
Tra i vari ambiti di intervento
ivi indicati, alla lettera f) si attribuisce agli enti
territoriali il compito di disciplinare "la partecipazione
dei volontari aderenti alle organizzazioni iscritte nei registri
di cui allart. 6 ai corsi di formazione, qualificazione e
aggiornamento professionale svolti o promossi dalle Regioni,
dalle Province autonome e dagli enti locali nei settori di
diretto intervento delle organizzazioni stesse.". (2)
Si affida, quindi, alla
legislazione regionale e provinciale la disciplina della attività
di formazione destinata alle organizzazioni di volontariato e,
nel contempo, si identificano negli enti pubblici (territoriali e/o
locali) i soggetti cui spetta svolgere o promuovere i relativi
corsi.
Le espressioni verbali impiegate
per definire le funzioni assegnate agli enti pubblici (svolgere e
promuovere) debbono, però, essere interpretate alla luce dei
principi ispiratori della legge quadro e dell'applicazione
concreta che è stata data alla medesima normativa.
Ci dobbiamo cioè domandare: che
cosa significa che l'ente pubblico svolge i corsi di formazione
per i volontari? Che cosa significa promuoverne la realizzazione?
In merito al primo quesito
bisogna escludere che alle Regioni e/o Province spetti di
organizzare, finanziare e gestire iniziative di formazione
rivolte esclusivamente alle organizzazioni di volontariato. Un'interpretazione
in tal senso finirebbe, invero, per pregiudicare la stessa
autonomia e libertà del volontariato, ossia quei valori che con
la stessa legge - quadro si è inteso riconoscere e garantire.
Piuttosto si deve allora
ritenere che gli enti territoriali possano istituire di propria
iniziativa corsi di formazione che, ancorché diretti in via
principale ai propri dipendenti, siano aperti anche
alla partecipazione degli aderenti alle organizzazioni iscritte
nei registri regionali in quanto connessi ai settori in cui opera
il volontariato .(3)
In merito al secondo quesito le
Regioni e/o le Province promuovono la formazione sia finanziando
i corsi organizzati direttamente ed autonomamente dal
volontariato, sia, talvolta, collaborando fattivamente alla loro
realizzazione. (4)
Alla luce delle direttive
generali che scaturiscono dalla legge-quadro le Regioni, in
ottemperanza al disposto dellart. 16, a partire dal 1992
hanno provveduto ad emanare o adeguare la normativa in materia di
formazione.
Considerata la peculiarità
delle normative e la conseguente eterogeneità di disciplina, si
è provveduto ad analizzare partitamente le singole leggi
regionali e/o provinciali utilizzando i seguenti criteri di
lettura:
- soggetto promotore e
finanziatore
- destinatari
- modalità per laccesso
ai fondi
Accanto ai finanziamenti
regionali, poi, la legge n. 266/1991, all'art. 12, comma 2,
prevede altresì che le iniziative delle organizzazioni di
volontariato possano essere sostenute mediante la erogazione di
contributi statali gravanti sul Fondo per il volontariato
istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tali
somme, in particolare, vengono impiegate per la realizzazione di
progetti - anche relativi all'attività di formazione - elaborati
e presentati dalle organizzazioni di volontariato alla luce delle
direttive formulate dall'Osservatorio nazionale per il
volontariato, previa approvazione da parte di quest'ultimo.
Per quanto concerne le modalità
e le procedure che le organizzazioni di volontariato debbono
osservare per ottenere i finanziamenti dei corsi di formazione,
tanto che si tratti di contributi statali che regionali, la loro
erogazione è sempre subordinata alla presentazione da parte
delle associazioni richiedenti di un apposito progetto ed alla
sua approvazione da parte dell'autorità competente e secondo i
criteri di volta in volta stabiliti (come si evince dall'art. 5,
comma 1, lettera f) e dall'art. 12, comma 2, l. n. 266/1991).
Dal tenore degli artt. 10 e 12 l.
266/1991 sembra comunque che possano beneficiare dei contributi
pubblici soltanto le associazioni iscritte al registro regionale.
Un'ulteriore fonte a cui le
organizzazioni di volontariato possono attingere per avere
servizi a sostegno delle loro attività formative è
rappresentata dai proventi degli istituti di credito gestiti
Centri di Servizio secondo quanto previsto dall'art. 15 della l.
266/1991 e dal successivo decreto del Ministero del Tesoro 8
ottobre 1997 "Modalità per la costituzione dei fondi
speciali per il volontariato presso le regioni".
In particolare le Fondazioni
bancarie e le Casse di Risparmio - queste ultime fino a quando
non abbiano proceduto alle operazioni di ristrutturazione
previste dalla l. 30 luglio 1990, n. 218 e dal D.Lvo 30 novembre
1990 n. 356 - ogni anno debbono far confluire una quota
predeterminata dei loro utili nei fondi speciali istituiti presso
le regioni che vengono impiegati per finanziare i Centri di
Servizio e per essi le attività e le iniziative delle
Organizzazioni di volontariato. I Centri di Servizio, infatti,
secondo l'art. 15 della l. 266/1991 sono a disposizione delle OO.VV.
ed hanno la funzione di sostenere e qualificare la loro attività,
mediante la erogazione di prestazioni ad hoc tra cui
appunto anche l'attività formativa. Si ritiene infine che
possano usufruire dei servizi dei Centri tanto le organizzazioni
di volontariato iscritte nel registro regionale quanto quelle non
iscritte: l'art. 15, infatti non opera in proposito alcuna
distinzione.
In ultimo giova segnalare come
unulteriore forma di finanziamento per le associazioni di
volontariato dovrebbe essere rappresentata dalle erogazioni
provenienti direttamente dalle Fondazioni Bancarie, le quali, ai
sensi della legge delega 23 dicembre 1998 n°461 e del successivo
decreto 17 maggio 1999 n°153, sono tenute a dimettere la quota
di controllo delle società per azioni che esercitano lattività
bancaria e a destinare i relativi proventi al perseguimento di
"scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo
economico" secondo quanto verrà stabilito nel relativi
statuti. (5)
La legge, quindi, rimette alla
discrezionalità delle Fondazioni Bancarie la scelta delle forme,
delle modalità ed anche delle categorie del Terzo Settore che
usufruiranno dei loro proventi con la conseguenza che ad oggi non
è ancora possibile quantificare i "benefici economici"
che trarranno le OO.VV. da tale riforma.
NOTE
1) Così si è espressa la Corte
Costituzionale con sentenza 28 febbraio 1992, n. 75.
2) Limportanza della
formazione dei volontari è stata evidenziata e ribadita dalla
stessa Corte Costituzionale la quale, con sentenza n. 75 del 1992
ha affermato che "
pur se non consistono in attività
di tipo professionale, le prestazioni di volontariato devono
essere svolte nei vari settori di operatività, con una
preparazione particolare e con una perizia specifica, che
richiedono unapposita didattica ed unaccurata opera
di affinamento delle attitudini naturali del volontariato e che,
ove fossero carenti, condannerebbero il volontariato allinefficienza
e, quindi, al dissolvimento".
3) A titolo meramente
esemplificativo si veda la L.R. Campania 19 aprile 1995, n. 18
"Norme per il riconoscimento e per la promozione delle
organizzazioni di volontariato" che all'art. 3, comma 4,
prevede appunto la possibilità da parte delle OO.VV. di
partecipare alle attività di formazione e di aggiornamento
organizzate dagli Enti locali. In tal senso muove, altresì, la L.R.
Veneto 30 agosto 1993, n. 40 "Norme per il riconoscimento e
la promozione delle organizzazioni di volontariato" secondo
la quale il personale volontario può partecipare gratuitamente
ai corsi di formazione e aggiornamento professionale organizzati
dalla regione per i propri dipendenti.
4) Secondo l'art. 8, comma 2,
della L.R. Piemonte 9 agosto 1994 "Valorizzazione e
promozione del volontariato", ad esempio, "
la
Regione e gli Enti locali forniscono, su richiesta, materiale
informativo e didattico ed offrono collaborazione tecnica.".
5) Gli statuti delle Fondazioni
Bancarie dovevano essere presentati al Ministero del Tesoro entro
il 6 febbraio 2000 e dallo stesso approvati entro 60 giorni.
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