4.2 LA PROGETTAZIONE OPERATIVA

Nella fase di progettazione operativa si definiranno:

  1. i contenuti dell’azione formativa, articolati in tempi e durata;
  2. i destinatari dell’azione formativa;
  3. la scelta dei formatori;
  4. la metodologia adottata;
  5. il luogo dell’azione formativa;
  6. l’identificazione dei costi;
  7. la promozione dell’iniziativa.

a) Definire i contenuti partendo dai percorsi di analisi dei fabbisogni formativi significa fare nuovamente una grande opera di sintesi, tenendo presenti tutti gli elementi emersi dagli incontri avuti con i volontari. Operativamente si tratta di riprendere in mano le schede, scomporle nelle tre aree del fabbisogno formativo indicate nelle griglie e definite nella parte teorica (1) e ricomporle sulla base dei bisogni emersi e delle finalità che ci siamo dati. Se il lavoro di analisi del fabbisogno formativo tra i volontari è stato fatto bene, già abbiamo, alla fine dei tre Percorsi indicati nelle linee guida, elementi da trasformare in contenuti di azioni formative concrete. I contenuti possono essere articolati in cicli (2), moduli (3) ed unità didattiche (4), all’interno delle quali sono definiti anche i tempi e la durata dell’intera azione formativa. Nei corsi di formazione, soprattutto in quelli professionalizzanti, sono previsti dei tirocinii (detti stage) che diventano dei momenti di apprendimento operativo, rispetto alle conoscenze acquisite in aula.

b) La progettazione di un’azione formativa a partire dall’analisi dei fabbisogni, non può non tenere conto della necessità di dare risposta a quei volontari che si sono fatti portavoce di bisogni di formazione specifici; sarà quindi opportuno da un lato creare dei gruppi omogenei di aula sulla base degli interessi e dei bisogni espressi, dall’altro di tenere conto del ruolo ricoperto all’interno delle OO.VV. Dalla ricerca fatta dal CNV ed esposta nella prima parte, risulta che i destinatari delle azioni formative sono i volontari, i responsabili delle organizzazioni, gli operatori ed anche i familiari delle persone beneficiarie dell’intervento del volontariato. Qui ci interessa sottolineare che nella fase di progettazione dobbiamo tenere ben presenti le caratteristiche, il numero e in generale la disponibilità di tempo dei possibili fruitori di un intervento formativo, allo scopo di compiere le scelte più efficaci ed appropriate nei termini della tipologia di azione formativa. E’ opportuno già in questa fase esplicitare i criteri sulla base dei quali verranno selezionate le persone che parteciperanno alla formazione.

c) Strettamente collegata ai contenuti e agli obiettivi dell’azione è la scelta dei formatori con i quali già in questa fase è importante fare delle riunioni di coordinamento per comunicare la finalità dell’attività formativa e stabilire, al di là delle differenze tecniche e metodologiche, un atteggiamento comune e condiviso, basato anche sui bisogni emersi; per esempio si possono privilegiare forme partecipative e basate sull’esperienza, o atteggiamenti più direttivi. Si tratta anche di scegliere il formatore più adeguato per il tipo di intervento: se si tratta di un esperto, di un docente, di un animatore, di un facilitatore della comunicazione e via dicendo (5); è importante anche chiedersi se per quell’azione specifica è preferibile un formatore interno o esterno all’organizzazione o al mondo del volontariato.

d) Fondamentale e connessa con gli aspetti già evidenziati diventa la scelta delle metodologie didattiche più appropriate. Frequentemente le metodologie didattiche vengono distinte in metodologie non attive e metodologie attive: nelle prime la partecipazione dei formandi è richiesta solo in termini di ascolto, si tratta della tradizionale lezione frontale o della conferenza, più o meno supportate da lucidi, disegni, filmati; nelle metodologie attive invece l’attività dei partecipanti è solidamente con quella dei docenti fulcro del processo di apprendimento. Nell’ambito di quest’ultime, l’attivazione da parte dei partecipanti può essere di minor o maggior livello al punto che Bruscaglioni distingue le metodologie animative e quelle "attive vere e proprie o del tipo di ricerca" (6): nel primo gruppo ritroviamo dall’attivazione di domande dibattito sulla relazione del docente alle discussioni in sottogruppi sui temi proposti dalla relazione, fino alle esercitazioni (del tipo tecnico applicativo oppure giochi e simulazioni) e la discussioni di casi pre - studiati; nel II gruppo ritroviamo quelle metodologie basate sull’esperienza dei partecipanti, quali per esempio l’analisi degli autocasi, l’analisi dell’esperienza su griglie predisposte dal docente (7) , role playing, lo psicodramma, le simulazioni.

Nella scelta metodologica si dovrà tener conto del tipo di intervento, dei tempi a disposizione e soprattutto delle probabili difficoltà di apprendimento da parte dei destinatari. Nello scegliere la metodologia didattica più appropriata dovremmo poi aver chiaro se stiamo lavorando in formazione sul sapere o sul saper essere (cioè se privilegiamo i contenuti o gli atteggiamenti). Infine ricordiamo che alcune nuove metodologie d’aula consentono una partecipazione a livello più profondo e innovativo rispetto alla formazione che probabilmente abbiamo ricevuto nella scuola e nell’addestramento e che quindi vale la pena privilegiare l’uso di queste.

e) Nello scegliere il luogo dove si tiene la formazione si dovrà tenere conto di alcuni elementi, tra i quali: l’acustica della stanza, l’accesso alla struttura, la luminosità o le luci, la possibilità di comporre e scomporre l’assetto delle sedie e dei tavoli da lavoro (postazioni per piccoli gruppi, semicerchio per la plenaria, etc.), e quant’altro possa influire sulla fruibilità dell’ambiente.

f) Un tema ‘difficile’ da affrontare nella fase di progettazione operativa è quello della identificazione dei costi dell’azione e la definizione di un bilancio. Normalmente il preventivo di spesa dell’azione formativa si costruisce sulla base di alcune voci che possiamo di seguito elencare:

  • Azioni di promozione e di pubblicità dell’iniziativa.
  • Costo formatori, tutor ed esperti.
  • Spese di segreteria, coordinamento direzione.
  • Spese per la didattica: materiale per i partecipanti; materiale da usare in aula;
  • Spese per stages ed esercitazioni (assicurazioni, materiale d’uso)
  • Rimborsi spese per docenti ed allievi (vitto, alloggio, spostamenti)
  • Spese di gestione (affitto locali, consumi tipo telefono etc.)
  • Altre spese non sempre riconosciute quali quelle per la progettazione e la valutazione.

Questo tema richiama quello concernente la reperibilità delle informazioni sulle modalità di accesso, bandi e scadenze per il finanziamento della formazione per il volontariato. Questo tema viene trattato in maniera specifica nella III parte di questo lavoro, soprattutto sul piano delle normative nazionali e regionali di riferimento e loro attuazione. Altre fonti informative possono essere i Centri servizi o i Coordinamenti delle OO.VV.; infine gli assessorati locali (regionali, provinciali, comunali) di settori operativi di intervento del volontariato (es. area politiche sociali, area cultura, area prevenzione, etc.). Non è da escludere la ricerca di indicazioni su Internet nei siti dei ministeri o della Commissione Europea.

Ricordiamo in questa sede che in conformità ai criteri di progettazione dell’Unione Europea, quasi tutte le fonti di finanziamento pubblico richiedono forme di cofinanziamento dell’ordine del 20 – 40% a seconda dei progetti. Si tratta, quindi, di ricorrere anche a risorse proprie; è opportuno in questo caso quantificare le risorse che l’organizzazione mette a disposizione durante l’azione formativa quali, per esempio: locali, consumi, risorse umane interne, attività di promozione, ecc.

g) L’ultimo aspetto da sviluppare nella progettazione operativa riguarda la pianificazione dell’attività di promozione, per rispondere a quell’esigenza, più volte sottolineata, di massima condivisione dell’azione formativa; si tratterà di individuare i mezzi più idonei per la pubblicizzazione tra i volontari dei contenuti e degli obiettivi degli interventi, le modalità di accesso e di svolgimento delle iniziative; tra gli strumenti possibili ricordiamo lettere ai responsabili, depliant, messa in rete dei progetti specifici, manifesti, uso di stampa, radio e televisioni locali.


NOTE

1) Nella parte teorica abbiamo individuato tre aree nelle quali far convergere i contenuti dei fabbisogni formativi: area delle competenze tecniche; area delle competenze comunicative e capacità relazionali; area della capacità di agire all'esterno.
2) Per ciclo si intende l'insieme degli interventi formativi necessari al raggiungimento di una specifica competenza professionale o per raggiungere la finalità definite da un progetto dato.
3) Per modulo si intende un'area omogenea di apprendimento caratterizzata da una tematica specifica (es. modulo sulla comunicazione), sviluppato secondo tecniche ed argomenti differenziati (es. Lezioni teoriche, giochi, simulazioni; la comunicazione interna, il counselling sistemico, etc...).
4) L'unità didattica è un intervento unitario elementare contenente già tutti gli elementi della formazione, identificabile con un argomento specifico (es. la normativa fiscale sulle onluss).
5) Vedi glossario sulla definizione di formatore e sulle varie figure che si ritrovano sotto questa comune dizione
6) Bruscaglioni Massimo, op. cit. pag. 278.
7) Negli strumenti (le griglie di discussione) presenti nell'appendice per la definizione dei fabbisogni formativi abbiamo fatto ampio uso delle metodologie attive e di ricerca d'aula, delle quali si può ritrovare un richiamo teorico più dettagliato nel corpo del Paragrafo 2 di questo capitolo.


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