2. LA FORMAZIONE NEGLI STUDI E RICERCHE SUL VOLONTARIATO

Le ricerche a livello nazionale sulle organizzazioni di volontariato italiano non sono molte. Dopo la ricerca sociologica del 1983 promossa dal Ministero del Lavoro e Previdenza Sociale con la collaborazione del Ministero dell’Interno, si è avuta la prima rilevazione nazionale del CENSIS del 1991. Questa ha costituito un’utile base per permettere alla FIVOL di creare una propria banca dati nel 1993. In questa prima rilevazione le unità censite sono state 9200, nel solo ambito sociale, mentre per la seconda, del 1997, si è arrivati a contattare 12909 associazioni, di cui 10516 hanno risposto al questionario.

Nel frattempo l’ISTAT, nel 1995, (1) ha realizzato una propria indagine solo su associazioni iscritte ai Registri Regionali censendo 8803 unità delle quali hanno risposto al questionario in 6019.

Parallelamente l’EURISKO (2) per conto dell’IREF aveva stimato nel 1983 le persone impegnate in attività di volontariato in più di tre milioni. L’indagine del 1997 dell’IREF invece parla di più di cinque milioni di persone e di tre milioni e ottocentomila volontari per l’ISTAT.

Nel giugno del 1998 la DOXA ha stimato in tre milioni novecentomila persone i volontari esistenti attraverso una proiezione statistica che ha seguito un sondaggio relativo all’azione solidale su 999 cittadini italiani.

La banca dati del Centro Nazionale per il Volontariato, aggiornata annualmente grazie ai dati ottenuti dal Registri Regionali, conta 27107 associazioni tra quelle iscritte e non iscritte ai R.R., su tutto il territorio nazionale. Di queste, 10562 operano nel settore Sanitario, 5767 in quello sociosanitario, 5424 nel settore sociale e 2140 per la protezione civile. Inoltre sono censite 1652 associazioni che si occupano di beni culturali, 1006 di beni ambientali e 556 operano nel volontariato internazionale.

Dalle indagini di cui sopra possiamo ricavare indicazioni utili per capire le caratteristiche delle attività formative nelle organizzazioni di volontariato.

L’indagine realizzata dall’ISTAT nel 1995 fa riferimento alle organizzazioni iscritte ai registri regionali istituiti ai sensi della legge n° 266 del 1991 e dedica un significativo interesse alla formazione. Risulta che le attività formative sono presenti soprattutto nelle organizzazioni costituite dopo il ’70 e quelle di medie/grandi dimensioni, ossia quelle con più di 60 iscritti. La protezione civile (77,2%) è quella che svolge più attività formativa, insieme con l’assistenza sociale (61,7%).

Dalla più recente rilevazione della FIVOL svolta però nel 1997 e riferita alle sole associazioni che operano nel settore sociale, si evince, come si è detto che:

  1. 1 organizzazione su 3 svolge attività formativa nel momento di ingresso di un nuovo volontario (nel 60% dei casi si tratta di associazioni che la realizzano periodicamente o a cicli annuali).
  2. 3 organizzazioni su 4 svolgono aggiornamento dei volontari, intendendo con ciò anche seminari di approfondimento teorico pratico (34%), corsi formativi di durata annuale, cicli di conferenze, giornate dedicate alla riflessione sull’attività di servizio svolta (28%); mentre i corsi annuali o periodici, che richiedono un impegno maggiore, sono svolti solo nell’8% dei casi. In generale quindi sono privilegiate attività formative di tipo periodico, di durata inferiore a 12 mesi.

Nel complesso risulta, dalla rilevazione FIVOL, che l’attività formativa è più intensa e duratura (corsi annuali) in presenza di alcune caratteristiche associative: l’attenzione alla formazione è infatti crescente in modo proporzionale al numero dei volontari presenti nelle organizzazioni, alla complessità organizzativa di queste e alla capacità di gestione attivata in sinergia con il pubblico.

Infatti le organizzazioni che non svolgono alcuna attività di formazione o che la svolgono a livelli minimi sono quelle che operano solo in uno specifico ambito di intervento, e che richiedono ai volontari una minima disponibilità di tempo per funzioni organizzative interne essenziali, senza avere rapporti diretti con il pubblico (per esempio, spesso operano nel settore sanitario per la promozione della donazione).

Le organizzazioni che svolgono corsi periodici teorico pratici, invece attivano due tipologie diverse di attività formativa, e questa attività è svolta direttamente dall’organizzazione: si registrano in queste organizzazioni di volontariato oltre 160 ore di attività settimanale per produrre servizi o prestazioni, in particolare per soccorso sanitario o protezione civile. Aggregano studenti e giovani, disoccupati e persone in ricerca di prima occupazione, utilizzano anche il contributo di obiettori di coscienza.

Ai volontari viene richiesta una disponibilità di tempo minima settimanale e una quota associativa, si tratta di associazioni che solitamente operano in convenzione o in collaborazione con gli enti pubblici e gestiscono servizi anche di tipo complesso.

Infine, le organizzazioni che svolgono corsi annuali di formazione sono quelle che svolgono in media tre tipi di attività formativa. Il personale sviluppa oltre 160 ore di attività settimanale distribuita in oltre sette tipi di prestazioni, in 5 o più ambiti di intervento, offrono prestazioni di welfare (socio assistenziali e sanitarie) e attività di prevenzione in diversi tipi di strutture. Hanno in carico 4 o più tipi di utenza, (in particolare adolescenti o giovani) e operano con oltre 25 volontari ai quali viene richiesta una disponibilità di tempo minima settimanale; annoverano anche obiettori di coscienza e personale retribuito. Hanno un’elevata complessità organizzativa, una migliore capacità comunicativa, gestiscono servizi ad elevata complessità e notevole spesa e dispongono di diversi tipi di entrate economiche private tra cui le quote associative. Collaborano con gli enti pubblici (in particolare con i servizi sociali) e con il terzo settore (in particolare le cooperative sociali). Dispongono spesso di un centro studi e documentazione.

Queste associazioni particolarmente attente al valore della formazione quindi si distinguono per la forte propensione alla collaborazione e al collegamento con le altre realtà, e al tempo stesso sono autonome e indipendenti sia dalle centrali organizzative del volontariato che dagli Enti locali e dalla Chiesa, intrattengono però con essi fattivi rapporti, rivelano un collegamento con le stesse imprese, da cui ricevono anche qualche finanziamento e, soprattutto, con le scuole in cui veicolano messaggi di tipo preventivo e solidaristico.

Hanno una notevole capacità di autopromozione, in modo non disgiunto, per la raccolta fondi e per il reclutamento di volontari, utilizzando svariati mezzi di comunicazione. Con l'attività formativa che propongono tengono viva la tensione professionale dei volontari, maggiormente giovani e istruiti, prevalentemente di genere femminile, ancora scarsamente collocati nel mondo del lavoro.

Le riflessioni conclusive a questa analisi condotta dalla FIVOL sono innanzitutto legate a come la formazione si stia affermando quale strumento importante per il rafforzamento della qualificazione "professionale" dei volontari. Infatti le organizzazioni che maggiormente hanno attività formativa privilegiano un tipo di formazione non occasionale e che costituisce soprattutto, per le organizzazioni più grandi, una base di sviluppo e di continuità, dato che si prendono in carico compiti di gestione di servizi anche complessi e integrati con il pubblico.

Inoltre, viene privilegiata un tipo di formazione modulare che può essere adattata alle mutevoli e variegate esigenze grazie alla sua flessibilità e non genericità.

I settori che più sono interessati all’attività formativa sono quello sanitario e socio sanitario e ciò è confermato anche da altre ricerche sulla formazione del volontariato: per esempio la ricerca finanziata dalla Regione Emilia Romagna, (3) da cui risulta che facciano formazione in misura prevalente le associazioni del settore sanitario (77,4%) e socio-assistenziale (78,9%) mentre negli altri settori si fa formazione solo nel 51,4% dei casi.

Probabilmente il volontariato sanitario e quello socio-assistenziale hanno assistito in questi anni al determinarsi di un maggiore rapporto con gli enti pubblici che hanno portato a richieste di servizi più complessi ai quali è necessario offrire una risposta sempre più qualificata.

Questa indicazione risulta confermata anche da una recente ricerca svolta nell’ambito regionale toscano. In tale indagine (4) si evidenziano alcuni tratti in comune con la realtà nazionale, ma anche aspetti specifici per quanto concerne la formazione al volontariato:

1) la formazione è svolta soprattutto nelle associazioni di tipo socio-assistenziale e quelle di maggiori dimensioni (tendenza già registrata a livello nazionale);

2) la maggior parte delle associazioni ha organizzato in proprio attività di formazione, e in tal caso l’intervento di persone "esterne" è minimo, perché l’attività formativa è svolta da volontari o esperti dell’organizzazione stessa, il 10% ha partecipato a corsi organizzati dalla federazione di appartenenza, il 9% a corsi organizzati da un ente locale e l’8% a corsi del centro di servizi;

3) le attività formative hanno avuto come oggetto soprattutto la formazione di base al volontariato (32,2%) e corsi di aggiornamento di tipo professionalizzante (22,6%); le giornate di approfondimento culturale e i corsi di tirocinio teorico-pratico si attestano intorno al 15-16%. Tra l’altro sono proprio questi ad essere quelli più richiesti.

Vi è però da sottolineare che solo un quinto delle associazioni intervistate considera completamente soddisfacente la formazione a cui hanno partecipato, una quota di poco superiore, invece, non è affatto soddisfatta.

Viene ritenuto molto importante mantenere un legame tra gli aspetti teorici e quelli pratici dell’attività formativa, anche se comunque si registra un atteggiamento critico, legato anche alla difficile possibilità di accesso ai corsi, in termini di vicinanza delle sedi formative, costi elevati, ecc.

Nel complesso quindi emerge, dalle ricerche sul volontariato (FIVOL e seguenti) una tendenza a attivare soprattutto corsi di formazione di base (tecnico – operativi per figure specifiche di volontari) e di aggiornamento "professionale" in ambito socio assistenziale e sanitario, organizzando in proprio l’attività formativa. Di interessante vi è poi da segnalare in questa ricerca – rispetto ad altre ricerche sulla formazione già citate – l’elevato grado di insoddisfazione per i limiti di una formazione poco incisiva, non rispondente ai bisogni specifici, in alcuni casi prettamente teorica, disgiunta dagli aspetti operativi e talvolta di difficile accesso.


NOTE

1) ISTAT, Le organizzazioni di volontariato in Italia, Argomenti, n° 15 - 1999, Istituto Nazionale di Statistica, Roma
2) IREF, Rapporto sull'associazionismo sociale, 1984, Maggioli, Rimini, 1985
3) Realizzato dall'ECAP in collaborazione con le Province di Forlì-Cesena e Ravenna, l'ASS.I.PRO.V. e "PER GLI ALTRI" (che sono due delle associazioni Associazioni di volontariato che gestiscono rispettivamente il Centro Servizi per il Volontariato di Forlì-Cesena e Ravenna)
4) Salvini A. (a cura di), Identità e bisogni del volontariato in Toscana, La Grafica Pisana, Buti, 1999


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