1. ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO E FORMAZIONE: ALCUNE SPECIFICITA'

Per formazione s’intende solitamente un insieme di attività programmate e valutabili nei loro risultati, finalizzato ad un incremento di capacità individuali o di gruppo nello svolgere un lavoro e/o un ruolo sociale.

La formazione sta ad indicare quindi:

  1. un’attività educativa intenzionale, comunicabile e controllabile nei suoi risultati, con cui si trasmette il sapere ed i modi di utilizzare tale sapere (ossia conoscenze e competenze). La formazione è quindi anche una modalità di comunicazione e di relazione tra i diversi soggetti e talvolta anche tra questi e l’organizzazione a cui appartengono.

  2. Tale attività educativa può essere tesa sia allo sviluppo compiuto dall'individuo in termini di personalità psicologica e in termini professionali, sia alla definizione o modifica dei rapporti tra l'individuo e le organizzazioni in cui è inserito ed esercita un ruolo.

Col termine "formazione" tuttavia si indicano spesso attività educative molto diverse tra loro. Per questa ragione abbiamo ritenuto utile innanzitutto soffermarci a evidenziare alcune diverse accezioni del termine ed abbiamo elaborato un glossario dei termini attinenti alla formazione riportato nella parte finale di questo testo, la cui finalità non vuole essere quella di fornire significati univoci ai termini utilizzati, ma semplicemente di favorire un linguaggio comune ed agevolare la lettura e comprensione di questo testo.

Il termine formazione può essere riferito a varie tipologie specifiche di attività formative, tra cui

- la formazione di base:

un'azione formativa volta alla trasmissione di conoscenze, competenze, abilità, ritenute essenziali per il conseguimento di un mestiere o di una professione o di un ruolo sociale, e che solitamente comprende al suo interno una o più parti di tipo

  • informativo-istruzionale (per esempio, un corso sulle nuove norme fiscali in materia di ONLUS);
  • addestrativo, ossia di allenamento a operazioni pratiche (per esempio: come opera un barelliere in una ambulanza, o come si utilizza un computer);
  • "relazionale", ossia attinente al ruolo (per esempio: sensibilizzazione alla dimensione della "cittadinanza attiva", apprendimento di atteggiamenti, comportamenti nuovi in un corso sulla comunicazione relativo a particolari problemi o programmi).
  • Si definisce invece solitamente di "specializzazione" quell’attività formativa successiva alla formazione di base mirata a innalzare le competenze relative ad una particolare funzione professionale o ruolo sociale (per esempio: formazione per addetti stampa all'uso di Internet);
  • - l'aggiornamento

    E’ questa un'azione formativa che tende a rendere più attuali competenze divenute ormai obsolete per chi già opera in un determinato ambito sociale o professionale (per esempio aggiornamento in materia di tenuta delle scritture contabili). Diversa è invece la formazione di riqualificazione, che sta ad indicare il passaggio da un ruolo ad un altro in cui deve essere rivisto radicalmente il modo di ognuno di gestire le proprie attività.

    - la formazione permanente

    Si parla di formazione permanente o continua riferendoci invece ad iter formativi che durano tutta la vita professionale, connesse quindi più allo sviluppo della persona che allo specifico ruolo professionale (formazione culturale in senso lato, come per esempio quella fornita dalle Università della terza età). In tal senso si usa il termine formazione talora anche riferendoci a singoli eventi di dibattito pubblico o di attualità a su specifici temi.

    Ciò che comunque caratterizza la formazione e che la distingue dalla istruzione o informazione, è il fatto che non è solo trasmissione di conoscenze e quindi di "sapere"; ma tende soprattutto a sviluppare le competenze anche pratiche operative ("il saper fare") ed i modi di intendere il proprio ruolo e di esercitarlo (il "saper essere"), attivando processi di comunicazione .

    La formazione del volontariato ha alcune caratteristiche specifiche rispetto ad altri tipi di attività formative, che possono essere riassunte in tre punti principali:

    A) La formazione del volontariato può essere considerata di tipo "professionale"? Crediamo sia necessario chiarire in che termini si può parlare di formazione professionale del volontariato.

    La formazione di solito è considerata di tipo "professionale", quando questa è relativa ad una attività lavorativa che richiede conoscenze e competenze anche di natura complessa e che possono essere alla base di specifiche figure o categorie professionali (per esempio: il sapere ed il saper fare dell'assistente domiciliare, dell'infermiere, ecc); di solito all'interno di tale formazione vi è quasi sempre una parte dedicata al ruolo di tali figure, ruolo interno all'organizzazione in cui operano un ruolo sociale.

    La formazione del volontariato può essere quindi talora considerata di tipo "professionale" nella misura in cui:

    1. è relativa ad una attività lavorativa – intendendo con tale termine "l’applicazione di una energia al conseguimento di un fine determinato"(1) - la cui caratteristica essenziale è la gratuità, come affermato dalla stessa L.266/91;
    2. richiede conoscenze e competenze talora complesse, seppur non siano riconducibili a specifiche figure o categorie professionali regolate da contratti "di categoria" o da ordini professionali;
    3. assume un rilievo particolare il ruolo sociale svolto dal singolo o dall'organizzazione di volontariato stessa.

    La caratteristica peculiare del volontariato data dal suo offrire lavoro gratuitamente si riflette ovviamente in modo del tutto originale nella formazione: se gratuito non significa solo "non esser pagato" per le proprie prestazioni, ma un insieme di modalità particolari di rapporto e di incontro con l'altro, cambiano non solo le finalità ultime, il senso dell'agire e quindi il ruolo del volontario, ma talora possono cambiare le stesse modalità di intervento, le stesse metodologie o tecniche di lavoro. Ad esempio, si pensi come il volontariato abbia creato, nel campo del disagio sociale e della marginalità, sin dagli anni 80, nuove modalità di lavorare e fare servizi, quindi anche nuovi tipi di professionalità e formazione. Per esempio, l’agenzia di formazione del CNCA (Coordinamento nazionale delle comunità di accoglienza) ha spesso valorizzato la "natura fortemente laboratoriale" della formazione, in cui ricerca-intervento e formazione si mescolano per riprogettare nuove professionalità partendo dall’analisi delle proprie esperienze di volontariato. "Si pensi alla delineazione di nuove figure professionali all’interno della mappa dei profili lavorativi tradizionali che configurano vere e proprie professionalità emergenti che non trovano risposte nei classici percorsi formativi, come l’educatore professionale, l’animatore socio-culturale, l’operatore di strada, il tutore dell’affido familiare, l’agente di sviluppo locale, il referente dei servizi di mediazione, l’operatore di comunità, il progettista di interventi di rete, il trainer dei programmi di reinserimento socio-lavorativo, ecc. " (2)

    Se nella caratteristica del volontariato di offrire il proprio lavoro gratuitamente è da individuare l'originalità che sta alla base della "specificità" anche della formazione dei volontari, questa talora ha anche rappresentato il suo punto di "fragilità". Infatti:

    da una parte, la gratuità, soprattutto in passato, ha favorito alcune "resistenze" a fare formazione professionale, poiché gratuito sembrava talora identificarsi col "non professionale", come se non si dovesse richiedere ad un volontario di essere competente ed esperto, al pari di un professionista;

    dall'altra parte, quando negli anni più recenti è cresciuta l'esigenza da parte dei volontari e delle istituzioni di interagire sempre di più in "rete" con i vari professionisti del sociale, man mano che si è sviluppato il ridisegno dell’welfare state, l’esigenza di essere sempre più efficaci per rispondere al meglio a vecchi e nuovi bisogni emergenti, anche attraverso una migliore competenza di tipo professionale, allora la formazione è divenuta ancor più cruciale per il mondo del volontariato. Ciò è avvenuto non sempre riuscendo a reinterpretare e coniugare gli aspetti inerenti alle competenze delle professioni già esistenti nei vari settori, con quelle finalità etiche e modalità d’azione tipiche del mondo del volontariato.

    B) La formazione del volontariato si è caratterizzata sempre più per essere luogo, spazio, tempo di apprendimento per il volontariato. Un corso di formazione è tanto più efficace quanto più sa "far vivere" e rivivere, rielaborare rispetto ai contenuti trattati in aula, le esperienze di ciascun partecipante: proprio nel rivivere e nel risistematizzare le conoscenze del proprio vissuto in modelli interpretativi che si misurano con nuove realtà, si adattano, si evolvono, sta il significato di apprendimento, ossia di apertura ad una realtà in cambiamento da comprendere e con cui interagire, per cambiare e non solo per essere cambiati.

    Concretamente ciò ha significato in alcune realtà di volontariato, come per esempio per il Gruppo Abele, rinnovare la formazione stessa anche in modi originali: alla fine degli anni 70, il Gruppo Abele ha creato l’Università della Strada, in cui la novità risiedeva proprio nella scelta di far parlare direttamente i protagonisti delle storie di emarginazione e far confrontare con loro operatori diversi, studiosi, ricercatori, magistrati, permettendo a queste diverse figure professionali per un periodo di tempo (circa 20 giorni in formula residenziale) di misurarsi attraverso i contenuti trattati nel corso, con i vari problemi di vita comunitaria e di relazione con gli altri, proprio partendo dai "protagonisti" delle storie per "apprendere" e per ritrovare un rinnovato senso di essere volontari e dell’agire professionale. L’Università della Strada si è caratterizzata quindi come un laboratorio di ricerca che partiva dalla realtà per confrontarla con le teorie e le professioni, per elaborare proposte di intervento più aderenti ed adeguate ai problemi, attraverso il lavoro di gruppo, lo scambio di esperienze e la capacità di mettersi in rapporto. Del resto "..apprendere significa spostare parte del nostro mondo e spostare quelle parti implica cambiare la forma del nostro mondo interno. Questo è ciò che fa della formazione un evento così delicato, così minaccioso, così desiderato e insieme temuto e drammatico ..che di fronte a questo stanno sempre ambivalenze e difese..". (3)

    In particolare per la formazione del volontariato, come nel caso citato sopra del gruppo Abele, tale processo di apprendimento assume una valenza anche di ricomposizione del "senso" del proprio operato: la ricomposizione di interventi professionali, spesso in quanto tali "specialistici", ma anche frammentati; la ricomposizione dell’insieme (la "rete") dei servizi e degli interventi; la ricomposizione dei legami, dei rapporti, affettivi, familiari, sociali, che si evidenzia quando si pone al centro la persona con tutte le sue problematiche connesse. Ripensare all’esperienza, mettere insieme i tasselli, i vari pezzi delle relazioni che stanno intorno alla persona in difficoltà, ponendola realmente al centro nella sua globalità, per ritrovare il senso complessivo dell’azione volontaria, come pezzi di un puzzle che pian piano si incastrano tra loro e fanno emergere una immagine, un’immagine che magari va riprogettata e ridisegnata. La formazione assume in particolare nel volontariato questo significato anche di ricerca del "senso" del proprio intervento partendo dall’esperienza.

    C) La formazione in quanto processo di apprendimento guidato ed in quanto esso stesso momento di cambiamento (individuale o di gruppo o organizzativo) è sempre uno strumento anche di "potere": può essere inteso come potere "manipolativo", ossia usato da chi promuove o fa formazione ed esercitato nei confronti dei partecipanti secondo una metodologia di fatto "dall’alto verso il basso, ma anche e soprattutto come spazio di potere di comunicazione e di espressione dei partecipanti, secondo una metodologia "dal basso verso l’alto" e viceversa.

    Quest’ultimo aspetto vale in particolare per la formazione del volontariato, poiché l’associazione si costituisce e vive proprio in quanto si regge sulle motivazioni dei singoli che si associano: motivazioni che possono trovare un loro spazio di conferma e rafforzamento anche in momenti di formazione e senza le quali l’associazione stessa non potrebbe esistere e svilupparsi, essendo la loro adesione del tutto volontaria, a differenza di altri tipi di organizzazione, come ad esempio quelle delle imprese.

    Possiamo pertanto interpretare la formazione del volontariato come uno strumento di "empowerment", ossia di ampliamento o rafforzamento del potere dei volontari, delle possibilità di un soggetto sia esso organizzazione o persona di aumentare la capacità di agire nel proprio contesto e di operare più consapevolmente delle scelte.

    Formazione in ambito di volontariato significa spesso infatti fare leva sulle risorse già presenti nei singoli, fornendo supporti conoscitivi per organizzarle in modo da aumentarne la autodeterminazione. Significa acquisire maggiori capacità di elaborare un ventaglio di soluzioni efficaci sulla base dei propri bisogni ed aspettative. Questo aspetto di "empowerment" sarà ripreso anche nella parte terza di questo testo alla cui lettura rimandiamo per ulteriori approfondimenti.

    Questo maggiore potere (empowerment) è innanzitutto un "potere sociale" che si produce all’interno della realtà associativa: produrre "potere sociale" in un’organizzazione di volontariato significa produrre quella forza nuova e superiore rispetto alla somma delle singole capacità e volontà degli individui che si associano. L’associazione cioè costituisce il luogo di coagulo dei singoli, in cui gli interventi messi in atto possono raggiungere un’efficacia che nessuna iniziativa individuale può pensare di avere.

    Il "potere sociale" che si crea in un’associazione consiste in un superiore e qualitativamente nuovo livello di scambio di rapporti, di attività, di comunicazioni, che si realizza collettivamente sia all’interno dell’associazione, tra gli associati, sia all’esterno, tra l’associazione e l’ambiente. Tale "potere sociale" costituisce l’indispensabile presupposto per realizzare tipi di iniziative le quali offrono ai singoli vantaggi che individualmente non potrebbero in alcun modo essere ottenuti.

    Per sviluppare tale "potere sociale" la formazione assume un ruolo di particolare rilievo, poiché è momento di ampliamento delle capacità e competenze dei singoli di agire nel proprio contesto e di operare scelte, rafforzando quindi la loro posizione e ruolo sia a livello di singoli che di contesto sociale.

    La formazione infatti tende a rafforzare le stesse motivazioni che sono all’origine delle associazioni e che possiamo riassumere in tre punti:

    • identità sociale. Ogni associazione risponde innanzitutto al bisogno di acquisizione di una identità collettiva, riconosciuta quindi dalla società come tale, trasformando "vizi privati" in "pubbliche virtù", ossia trasformando in riconoscimento pubblico di interessi e valori ritenuti positivi dai membri ciò che come soggetti singoli ed isolati può essere ritenuto non sufficientemente ascoltato, valorizzato, difeso o addirittura frainteso. Si pensi ad esempio a categorie come gli anziani o i nuovi poveri, gli immigrati, i malati, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i senza casa, i disabili. L’associazione offre loro una identità collettiva e una modalità di pressione sociale, mentre la formazione è momento di acquisizione di conoscenze e competenze dei propri bisogni, diritti, vissuti, per rafforzare tale identità. E ciò vale anche per i volontari che operano non per sé stessi, ma per gli altri a cui offrono la propria solidarietà: ossia, è momento di rafforzamento della propria identità sociale.
    • ricerca di solidarietà interna e/o esterna al gruppo. Alla base di ogni associazione di volontariato vi è anche la ricerca di solidarietà tra gli associati e nella comunità sociale in cui operano. In particolare, l’associazione offre la possibilità ai propri membri di relazioni e comunicazioni più numerose, fitte, intense, di quanto ogni singolo individuo o ristretto gruppo di persone non possa mai raggiungere; relazioni e comunicazioni sia interne, tra gli associati, rafforzando il loro senso di appartenenza ad un gruppo o categoria sociale, sia all’esterno, nella comunità sociale, trovando nuovi interlocutori, nuovi pubblici, prima irraggiungibili, con cui confrontarsi collettivamente per ottenere loro atteggiamenti, comportamenti, scelte, ad essi più favorevoli. In effetti l’associazione di volontariato è di per sé un nuovo e forte soggetto collettivo di comunicazioni e relazioni, che come tale è in grado di sollecitare, promuovere, sviluppare solidarietà sviluppando in tal senso l’opinione pubblica. La formazione è strumento indispensabile per rafforzare le capacità dell’associazione e dei suoi membri di comunicare e relazionarsi con gli altri, con la comunità locale, con la società, per produrre solidarietà.
    • offerta (gratuita) di servizi e di partecipazione (consenso o dissenso) alla vita sociale. L’associazione di volontariato risponde anche alla necessità dei singoli di contare di più, di farsi ascoltare, di partecipare, quindi, anche in termini di consenso o dissenso che vada oltre i meccanismi classici di rappresentanza politica offrendo maggiori spazi di espressione e di soluzione a problemi sociali, di espressione anche in termini di cittadinanza attiva. L’associazione di volontariato è quindi anche una sede di confronto di esperienze, di partecipazione, di coagulo di consensi o dissensi che non trovano altre sedi di affermazione. Partecipazione alla ridefinizione, in termini collettivi e quindi anche politici, di bisogni, di diritti, di possibili diverse soluzioni a problemi sociali, di valori diversi che confluiscono così in forme associative della vita civile. La formazione è anche momento di elaborazione di forme di partecipazione a queste finalità associative.

    Concludendo, quindi, la formazione nelle associazioni di volontariato assume una particolare valenza di "rafforzamento" (empowerment) dei poteri dei partecipanti, e per tale via è la stessa associazione che si rafforza e offre maggiori spazi di potere ai propri soci e a coloro a cui le associazioni di volontariato si rivolgono con i propri interventi e con le proprie finalità sociali stesse.


    NOTE

    1) Devoto-Oli: Dizionario della lingua italiana
    2) F. Busnelli, "Formazione nell'ambito del volontariato sociale" , in V. Gallina, M. Lichtner (a cura di),"L'educazione in età adulta. Primo rapporto nazionale", F. Angeli, Milano, 1993
    3) G. Contessa, La formazione, Milano, 1993, pag 40 e 41


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