3.2 I RISULTATI DELL’INDAGINE (1) : TOSCANA, LOMBARDIA, CALABRIA

Delle associazioni contattate poco più della metà in Toscana (56,0%) ha eseguito o ha in previsione corsi di formazione per gli anni 1998-99. Tale percentuale si discosta realmente di poco dai risultati dell’indagine nazionale condotta dall’ISTAT (2) nella quale si dichiara che il 54,5% delle associazioni forma i propri volontari. La maggior parte delle associazioni segnala corsi effettuati nel 1998 (77,0%), questo dato è motivato anche dal fatto che la domanda che veniva posta agli intervistati presupponeva una pianificazione e una conoscenza delle attività previste per l’anno in corso (1999), che in realtà spesso non è determinata nei primi mesi dell’anno.

Per le altre due regioni la percentuale aumenta notevolmente nell’anno 1999 (dato probabilmente giustificabile perché l’intervista è stata realizzata in un tempo successivo a quella della Toscana).

In Lombardia la percentuale di associazioni che ha realizzato formazione si alza al 62,5%, mentre per la Calabria scende al 20,0%. Una delle motivazioni che alcuni rappresentanti di associazioni di volontariato della regione Calabria intervistati hanno dato alla minore realizzazione di corsi di formazione è stata la grave situazione di disoccupazione che interessa questa area e che spinge le persone a porsi come primario obiettivo la ricerca di un posto di lavoro. I tentativi realizzati si sono orientati principalmente ad una formazione tecnica, necessaria per intraprendere un’attività di volontariato, ma a volte le presenze sono andate diminuendo lungo il percorso formativo e l’interesse è risultato quindi troppo "limitato".

Alcune associazioni (14,5% dato riferito alla Toscana) hanno organizzato lo stesso tipo di corso per più di una volta: tutti i corsi realizzati nei due anni analizzati sono stati, infatti, 133. In Lombardia il numero totale di corsi è di 70, in Calabria 9.

Il settore più presente, tra le associazioni che hanno effettuato corsi, è quello sociale, con il 37,7% in Toscana, il 40% in Lombardia ed il 50% in Calabria, seguito dal sanitario e al socio sanitario che riportano entrambi una percentuale del 23,0% in Toscana e del 20,0% in Lombardia.

Rispetto alla dimensione dell’associazione, svolgono formazione soprattutto quelle con un numero di soci maggiore di 50. Infatti dai dati raccolti si evince una tendenza a svolgere formazione in misura maggiore per le associazioni più grandi, poichè le associazioni tra 51 e 100 soci fanno formazione nel 66,7% dei casi, quelle tra 101 e 500 nel 75,0% dei casi e quelle ancora più numerose nel 73,3% dei casi.

Le associazioni più piccole tendono a svolgere corsi con un numero limitato di partecipanti, mentre quelle che superano i 50 soci iscritti, organizzano occasioni formative anche per un numero di partecipanti notevolmente superiore.

Le associazioni sotto i 50 soci svolgono, nella stragrande maggioranza dei casi, corsi direttamente, senza prevedere possibilità di richiedere interventi di agenzie formative o particolari soggetti esperti in formazione. Questi tipi di contatti si iniziano ad avere con le associazioni con più di 50 soci che probabilmente sentono l’esigenza di offrire competenze elevate ai destinatari della formazione in percentuali che comunque non raggiungono il 20%.

Queste percentuali, calcolate in base a tutte le associazioni contattate, ci permettono anche di verificare dove è meno presente l’attività formativa: probabilmente le associazioni più piccole hanno minori possibilità di organizzare percorsi formativi. Questo dato è confermato anche dalla ricerca ISTAT (3) dalla quale si evince che le associazioni con meno di 21 volontari realizzano una formazione in quantità minore per oltre un terzo rispetto alle associazioni più grandi.

Inoltre i dati mostrano chiaramente come il tema della formazione sia affrontato in misura maggiore da associazioni di più recente costituzione: il 50,8% delle associazioni costituite dopo il 1991, contro il 23,0% delle associazioni formatesi tra l’81 e il 90 e il 19,7% di associazioni che hanno più di 20 anni di esistenza.

Questa situazione è confermata anche in Lombardia dove il 44,0% dei corsi è stato eseguito da associazioni costituitesi dopo il 1991.

Probabilmente le associazioni di più recente costituzione sono spinte dalla necessità di intrecciare significative relazioni e scambi con la comunità locale, e quindi realizzano maggiori occasioni di formazione e considerano la formazione una importante occasione di sviluppo in cui investire risorse ed energie più di quanto non accada per le organizzazioni già consolidate.

Tuttavia sembra che siano proprio queste associazioni "più grandi" - secondo la ricerca già citata di Salvini,- le meno soddisfatte rispetto all’offerta di formazione esistente e che siano alla ricerca di miglioramenti.

Le associazioni consolidate invece offrono più attenzioni a seminari, convegni, giornate studio, ecc.: ossia a momenti di aggiornamento e dibattito più che ad attività formative vere e proprie.

Si effettua un’analisi dei bisogni in poco meno del 50% dei casi in Toscana, ed in più del 60% nelle altre due regioni. In Toscana le associazioni costituite prima degli anni ‘90 realizzano un’analisi dei bisogni nel 17,4% dei casi contro i 60,9% delle associazioni costituite dopo il 1991. Ciò sta anche ad indicare una diversa metodologia fondata su una maggiore attenzione posta dalle nuove associazioni verso le attività formative e verso l’intero processo formativo che non trova compimento con la sola esecuzione del corso, ma che richiede che vengano percorsi tutti i passi del ciclo formativo.

A conferma di questo notiamo anche che la valutazione del corso è stata realizzata in misura maggiore soprattutto per le associazioni più giovani: nel 55,6% dei casi per quelle costituite dopo il 1991 contro i 40,0% di quelle nate prima del 1980. E’ da notare anche qui l’elevato numero di risposte mancanti o non date per i corsi realizzati da associazioni più anziane.

In Calabria 3 corsi su 4 hanno avuto una valutazione, in Lombardia quasi il 70%. Tuttavia il termine valutazione non ha un significato chiaro e univoco per molte delle associazioni contattate.

I settori che danno rilievo maggiore alla valutazione del corso sono, insieme all’internazionale (66,7%), il sanitario e il sociale (62,5% e 52,0%).

La maggioranza dei corsi di formazione ha un numero di partecipanti che va dagli 11 ai 31 (86,9%) (anche perché questo è da considerarsi il numero ottimale per un gruppo in formazione), in particolare per i corsi realizzati da associazioni costituitesi dopo il 1991: 66,7%.

In Lombardia il 66% dei corsi risulta essere frequentato da un numero inferiore ai 50 partecipanti.

Solo le associazioni che hanno realizzato più di 5 corsi all’anno hanno permesso una presenza che superava i 51 soggetti in formazione.

Le metodologie usate prevalentemente sono la Lezione Frontale (80,3%) e i Lavori di gruppo (67,2%), anche se i nuovi metodi di lavoro attivo quali Esercitazioni guidate (32,8%), Simulazioni (36,1%), ecc. stanno acquistando sempre più spazio. I dati riportati si riferiscono specificatamente alla regione Toscana; in Lombardia le percentuali risultano leggermente superiori per quanto riguarda le metodologie attive.

Tutte le metodologie attive hanno una maggiore efficacia se applicate a gruppi non troppo numerosi, e pertanto in questi casi si registra una preferenza per un numero di partecipanti tra gli 11 e i 30.

La lezione frontale è comunque rilevabile in tutti i corsi ed è utilizzata per tutti i soggetti in formazione. I lavori di gruppo invece sono ritenuti utili quando i destinatari dei corsi sono soggetti "svantaggiati" (50,0%), ma anche familiari (30,0%), responsabili di associazioni (24,2%), operatori e immigrati (22,2%) ecc..

Le esercitazioni guidate sono utilizzate per gli operatori e gli insegnanti (13,9% 14,3%) così come le simulazioni (16,7% 28,6%), mentre role playing e role changing hanno un utilizzo maggiormente limitato e circoscritto a particolari tipologie, tra cui responsabili di associazioni (9,1% 6,1%) o familiari (1,9%).

Infine, si considera utile affiancare l’attività formativa con l’utilizzo di materiali di supporto tecnico (video, informatico) o didattico ed in particolare quando si lavora con immigrati (22,2%).

Figure umanistiche, quali psicologo, pedagogista, ecc., propongono ai soggetti in formazione soprattutto metodologie prettamente attive come simulazioni, esercitazioni guidate, ecc., così come fanno, in parte, i membri o rappresentati di altre associazioni.

Le professionalità giuridiche o economiche invece si basano soprattutto su lezioni frontali supportate da materiale didattico (33,3).

Per quanto riguarda i contenuti, il tentativo di trovare una catalogazione più o meno rispondente alla precisione dei dati ottenuti ha portato un numero abbastanza elevato di voci che, vede la prevalenza di contenuti legati alla Relazione d’aiuto (42,6%), agli Aspetti gestionali delle relazioni interpersonali e alla Comunicazione (37,7%). Numerosi sono anche i corsi nati per fornire Aggiornamenti normativi (24,6%) e contenuti di ordine Sanitario e Medico (19,7%).

 

Vi è una relazione diretta tra la maggiore attenzione ad aspetti psicologici, relazionali e di comunicazione, e la recente costituzione dell’associazione. In Lombardia questa area ha dimostrato il più alto interesse con il 35%. Solo la Calabria si discosta totalmente da questi dati, privilegiando nettamente argomenti "tecnici".

Le associazioni più anziane privilegiano contenuti sanitari nel 26,3% dei casi e nozioni normative, culturali e psicosociali nel 15,8% dei casi. Con il formarsi di associazioni in tempi più recenti la specificità dei temi trattati aumenta notevolmente ed inoltre, le associazioni più giovani confermano l’esigenza di una preparazione più accurata in ambito psicosociale, a sostegno della relazione interpersonale, d’aiuto, ecc..

I contenuti rispondono ovviamente alle finalità generali dei settori di appartenenza. Il settore culturale, ad esempio, si occupa nel 100% dei casi di temi prettamente attinenti al settore, quello internazionale tratta il ruolo del volontariato nelle istituzioni, temi sociali e temi economici nel 33,3% dei casi; il settore ambientale si divide tra formazione della cittadinanza (50,0%) e tematiche culturali (50,0%), mentre i settori sanitario, sociale e socio sanitario trattano temi che vanno dall’aggiornamento normativo (rispettivamente 11,1% 11,6% e 6,3%) alla gestione delle relazioni interpersonali e capacità di comunicazione (14,8% 30,2% 9,4%) e alla relazione d’aiuto (18,5% 23,3% 28,1%). La maggiore attenzione posta a queste ultime tematiche probabilmente puo' essere spiegata dal fatto che la partecipazione a questo tipo di corsi permette ai volontari di formarsi per dare poi il proprio contributo in ambiti che offrono servizi alla persona e permette all’associazione di valorizzarsi e consolidarsi. Infine il settore sanitario e in parte quello socio sanitario hanno come argomento specifiche nozioni mediche (29,6% per il sanitario e 9,4% per il socio sanitario), così come il socio sanitario ha al suo attivo anche corsi con oggetto tematiche sociali (9,4%).

Le metodologie più confacenti a contenuti prettamente teorici, quali l’aggiornamento normativo, informatica, cultura e contabilità / commercio sono la lezione frontale, i lavori di gruppo e l’utilizzo di materiale video e didattico. Anche corsi a contenuto sanitario hanno affiancato a lezioni frontali (30,4%) l’utilizzo di materiale video didattico, ma si registra anche l’utilizzo di metodologie attive quali la discussione (13,0%), i lavori di gruppo, le esercitazioni guidate e le simulazioni (8,7%). Altre tipologie di contenuti prediligono quasi totalmente metodi attivi, corsi sulla gestione delle relazioni interpersonali, sulla relazione d’aiuto ed ancora temi sociali, anche se è sempre presente una significativa percentuale, in tutti i corsi, di insegnamenti teorici.

Per i volontari e i responsabili delle associazioni sono realizzati in grande misura corsi di aggiornamento normativo (31,8% 27,3%), di contabilità (33,3%), di capacità gestionali (25,0%) e sul ruolo del volontariato nelle istituzioni (33,3% 22,2%), mentre per gli operatori sono realizzati soprattutto corsi di informatica ma in significativa percentuale anche corsi sui temi della violenza (25,0%), e sulle problematiche degli anziani (20,0%). Anche gli insegnanti e i familiari partecipano ai corsi che hanno per tema la violenza (50,0%), la devianza (20,0%), ecc.

Il numero di partecipanti ai corsi si stabilizzano tra gli 11 e i 30 e solo per i temi culturali e delle relazioni interpersonali si hanno corsi anche con più di 100 partecipanti.

Infine le associazioni più "giovani" tra quelle da noi contattate hanno una grande difficoltà ad ottenere finanziamenti per le attività formative (nonostante quelle più "giovani" siano quelle che fanno molta formazione), infatti solo il 4.2% ha ottenuto finanziamenti esterni in grado di coprire l’intero ammontare delle spese, contro più del il 40% di associazioni costituite prima del 1980 che non hanno dovuto partecipare, a livello economico, alle spese dei corsi.

In Calabria gli unici finanziamenti nominati sono quelli regionali.

In toscana, nel 57,4% dei casi tutti gli oneri sono a totale carico dell’associazione. Spesso i costi dei corsi vengono sostenuti in parte dall’associazione, in parte con un finanziamento dei Comuni 8,2%, della Provincia 4,9% con finanziamenti Europei 3,3%, dal Centro di Servizi 1,6% o direttamente dalla quote pagate dai partecipanti 4,9%.

Quando le spese sono tutte a carico dell’associazione, i destinatari privilegiati sono, insieme ai volontari (52,0%), la cittadinanza (12,0%) e i familiari (10,0%); quando invece i finanziamenti sono esterni i corsi si rivolgono a volontari (30,8%), ma anche insegnanti (23,1%) e a familiari (15,4%), ecc..

Quando si ottengono partecipazioni alle spese di formazione, i corsi vengono seguiti da volontari (32,0%), responsabili di associazioni (20,0%), operatori e insegnanti (16,0% e 12,0%).

Infine, quando l’associazione deve sostenere totalmente tutta la spesa, gli esperti sono volontari per il 30,0%, e raramente chiedono un rimborso spese (3,0%) o un compenso nel 9,1%.

I finanziamenti sono più facilmente fruibili per le associazioni sociali (45,5%), culturali (20,0%) e socio sanitarie (15,8%); al contrario, le associazioni dei settori internazionale per il 66,7% e sanitario per il 63,2% sostengono totalmente gli oneri della formazione. Abbastanza distribuite sono le occasioni di partecipazione economica di enti o istituti alle spese che vengono così solo in parte coperte dall’associazione.

Si è registrata collaborazione tra associazioni solo nel 39,3% dei casi, ed in particolare nella fase di stesura del progetto (33,3%) e in quella dell’organizzazione (37,5%).

Si ricorda inoltre che le associazioni che hanno tessuto occasioni di collaborazione durante la realizzazione di attività formative hanno dato un maggior valore anche alla fase della valutazione del corso; infatti il 65,2% di coloro che hanno affermato di aver collaborato con altri hanno richiesto una valutazione dei partecipanti, contro il 44,7% degli altri casi. I settori sanitario, sociale e socio sanitario, però dimostrano una maggiore propensione di altri a creare momenti di collaborazione con altre associazioni, spesso affini come scopo, nella programmazione e nella realizzazione di occasioni formative.

I corsi sono nella quasi totalità (circa l’80% in tutte e tre le regioni campione) svolti direttamente dalle associazioni e al proprio interno.

L’ipotesi che potrebbe essere sostenuta rispetto a questo risultato è che le associazioni si rivolgono a istituzioni o agenzie formative per la realizzazione dei corsi soprattutto per quanto riguarda temi quali le normative, aspetti amministrativi, gestionali, fiscali; richiedono cioè all’esterno più che una vera e propria formazione un aggiornamento. Sono invece realizzati "in proprio" i corsi che riguardano aspetti più propriamente relazionali, comunicativi, ecc.

I destinatari privilegiati rimangono i volontari di base (più del 50% per tutte e tre le regioni), (50,0% per il settore culturale, 57,1% per il sanitario, 32,4% per il sociale, 54,5% per il socio sanitario, 60,0% per l’internazionale) in particolare, tra l’altro, da parte delle associazioni più recenti, e solo per una percentuale intorno al 20% anche i responsabili delle associazioni (19,7%). Inoltre alcuni corsi sono destinati a particolari fasce di utenza, nella maggior parte dei casi a soggetti svantaggiati (disoccupati, donne, immigrati, ecc.: 14,7%).

Non vengono richiesti particolari requisiti alle diverse tipologie di destinatari dei corsi: solo per circa un 10% viene richiesta, insieme alla motivazione, un’età minima.

Le associazioni di più recente costituzione svolgono in misura maggiore corsi rivolti soprattutto ai familiari (si è passati dal 5,9% al 12,2%) ed ai disoccupati. Anche i corsi per immigrati, sono realizzati soprattutto da associazioni formatesi dopo il 1991.

Dati non molto esaurienti si registrano invece per gli esperti ed i formatori che intervengono, sia per quanto concerne la loro qualifica, sia per il titolo – gratuito o meno - con il quale partecipano. Possiamo affermare che sono molte le figure assimilabili allo psicologo e al pedagogista (37,7% per gli esperti e 19,7% per i formatori in Toscana, 64% per gli esperti in Lombardia), insieme al medico (42,6% per gli esperti e 6,6% per i formatori in Toscana, e 44% per gli esperti in Lombardia). Altre figure di cui si registra la presenza sono l’infermiere nell’11,5% dei casi, l’avvocato o il giudice nell’8,2%, l’esperto del mondo del lavoro (6,6%) e il qualche caso l’insegnante o il docente universitario (4,9%), l’esperto in formazione (1,6%) e il rappresentante dell’associazione o di altre associazioni (1,6%).

Il settore sanitario predilige la figura del medico (41,4%) come esperto, o dell’infermiere (13,8%) o ancora uno psicologo o pedagogista (17,2%).

Il settore sociale ha il primato di presenze di figure professionali quali psicologo o pedagogista (31,4%) accanto al medico (20,0%) sia come esperti che come formatori (26,5% come psicologo e 8,8% come medico). Il socio sanitario ricalca le necessità dei due settori precedenti, soprattutto per quanto concerne gli esperti che sono, in percentuale uguale (33,3%) psicologi o pedagogisti e medici; sempre le associazioni che operano in questo settore richiedono il formatore nel 33,3% dei corsi e quando è presente esso si qualifica in genere come rappresentate o membro di altre associazioni (26,7%). Questi dati specifici si ritrovano nella situazione piu' generale. Infatti mentre l’esperto non è previsto nell’11,5% dei corsi chi risulta molto meno richiesto è il formatore, che addirittura non viene menzionato nel 34,4% dei casi. Dove esso è presente spesso si affianca a un esperto ed è identificabile come un membro dell’associazione (talvolta il Presidente) o rappresentante di altre associazioni (16,4%).

Le associazioni che organizzano corsi non hanno una modalità di scelta specificata nel determinare la presenza degli esperti (98,4%) e dei formatori (86,9%). Solo alcuni soggetti intervistati hanno affermato infatti di avere scelto gli esperti per conoscenza (6,6%), per esperienza nel settore (4,9%) e per condivisione dei principi dell’associazione (3,3%).

Per quanto riguarda i formatori si sono preferiti quelli con esperienza nel settore (8,2%) e in misura molto minore per conoscenza (1,6%) o per vicinanza all’associazione (1,6%).

Le pubblicazioni sono presenti in corsi che hanno come argomenti l´informatica, l’educazione sessuale, contabilità e commercio e nozioni mediche. Probabilmente, infatti, accanto a temi che necessitano un supporto scritto, viene prodotto un elaborato anche su argomenti che sono ritenuti particolarmente innovativi.

I pochi documenti scritti a disposizione (47,6%) sono nella maggior parte dei casi Dispense (24,6%).

Il settore che dispone di un maggior numero di pubblicazioni sugli argomenti della formazione è quello sociale, che nel 41,4% dei casi realizza un documento scritto. Anche i settori sanitario e il socio sanitario hanno pubblicazioni per il 24,1% e 17,2%. Gli altri settori hanno minore attenzione a questa risorsa.

I corsi che richiedono una quota di iscrizione sono meno della metà, e comunque, quando l’associazione riceve totalmente finanziamenti esterni i corsi sono gratuiti nell’86,6% dei casi, mentre quando l’associazione si trova a dover finanziare autonomamente il corso richiede quota di partecipazione per il 18,8%. La quota di iscrizione è richiesta anche quando i finanziamenti sono solo parziali, ma in percentuale inferiore (11,8%). In Calabria tutti i corsi sono gratuiti e il Lombardia lo sono il 68%.

Inoltre il corso richiede una quota di iscrizione per il 60,0% quando le spese sono tutte a carico dell’associazione, mentre quando ci sono finanziamenti non si richiede mai un impegno economico per chi vi partecipa; nel caso in cui l’associazione sostenga una parte degli oneri, nel 20,0% dei casi è richiesta una quota di partecipazione.

I corsi hanno una durata variabile sia in termini di ore totali da seguire, ma anche per quanto riguarda la distribuzione temporale dei singoli momenti formativi che possono essere o molto ravvicinati (ogni giorno) o distanziati nel tempo.

La maggior parte dei percorsi formativi si realizza in un tempo che va dalle 9 alle 40 ore per tutti i settori (52,5% dei casi) e dalle 41 alle 80 soprattutto per i settori culturale, internazionale.

Sono molti anche i corsi che vanno tra 41 e 80 ore (36,1%) così come quelli che superano la durata di 160 ore (29,5%).

Al termine di molti corsi viene rilasciano un attestato di partecipazione (63,9%), in particolare nel 90,9% dei casi in cui il corso è riconosciuto (anche se solamente dalle specifiche associazioni del settore) e nel 52,8% di quelli in cui il corso non è riconosciuto.

Riassumendo possiamo evidenziare che c’è una notevole diversità di formazione realizzata proprio a livello quantitativo tra le tre regioni prese a campione: mentre il nord ha già investito aspettative e risorse nella formazione, sono poche le occasioni formative che si registrano nella regione del sud Italia. Anche le tipologie di corsi attivati sono diverse.

Rispetto alle dimensioni emerge che le associazioni più grandi e quelle di più recente costituzione hanno più occasioni formative.

Questa è anche la tipologia di associazione che adopera un maggior rigore metodologico: le attività organizzate rispondono ad un bisogno rilevato e viene posta una particolare attenzione alla fase della valutazione così da aumentare l’efficacia dell’intervento formativo e certificare una qualità della formazione realizzata.

Tra le metodologie d’aula, prevalgono nettamente le lezioni frontali e sono ancora poco sviluppate le tecniche attive; non sono utilizzati i formatori in più di un caso su tre e questo certamente rende più difficile poter porre attenzione alle metodologie che vengono fatte gestire di solito da "esperti" o simili.

Il corso tipo è di circa una settimana (8-40 ore); è rivolto al volontario di base (poca formazione è rivolta ai responsabili delle associazioni), è prevalentemente gratuito e offre un attestato.

La formazione è soprattutto momento di riflessione sulla propria esperienza associativa: prevalgono contenuti relazionali/comunicativi e una formazione realizzata "in proprio". Ci si rivolge infatti ad agenzie formative o altre associazioni solo per momenti di aggiornamento, e spesso anche a spese proprie (soprattutto per chi fa più formazione) e la tipologia di formazione che prevale è quella di tipo tecnico professionale e relazionale.


NOTE

1) Dove non diversamente specificato i dati si riferiscono alla Regione Toscana
2) ISTAT, Le organizzazioni di volontariato in Italia, Roma, 1999 (pag. 5 e seg.)
3) ISTAT, Le organizzazioni di volontariato in Italia, Roma, 1999


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