1. IL PERCORSO FORMATIVO

Come si è già evidenziato, la formazione non è improvvisazione, ma per essere effettivamente tale è elaborazione di un processo di apprendimento in vario modo e misura "guidato": formazione infatti significa intervenire, in maniera finalizzata ed organizzata sul modo di lavorare e di essere di un individuo o di gruppi, attraverso scelte anche di metodologie di apprendimento. Per queste ragioni si parla di "processo formativo", proprio ad indicare un percorso di apprendimento in vario modo guidato o consapevole.

Tale processo formativo solitamente è individuato in un percorso articolato in 5 diverse fasi:

1) analisi dei bisogni di formazione (di solito svolti all'interno di una organizzazione);

2) successiva pianificazione degli interventi formativi, definendo le finalità e gli obiettivi, le possibili opzioni all'interno di diversi percorsi formativi facendo scelte - anche in termini di risorse - e individuando i risultati che s'intendono ottenere nelle varie fasi;

3) progettazione in relazione alle specificità delle situazioni e contesti in cui si privilegia l'avvio dell'attività formativa (i contenuti specifici dell'apprendimento, la scelta dei docenti, le metodologie e gli strumenti didattici, comprensivi delle esercitazioni, simulazioni, ecc, i tempi e la durata del percorso formativo, predisponendo i fattori logistici ed organizzativi);

4) attuazione degli specifici interventi "di aula" (attuazione di quanto progettato, seguendo l'integrazione dei diversi contributi previsti con apposite competenze di tutoraggio, eventuale "ritaratura" del percorso formativo anche in base ai problemi riscontrati nella "gestione d'aula", quali le dinamiche di gruppo verificatesi)

5) valutazione dei risultati confrontando questi con i bisogni e gli obiettivi prefissati e ridefinendo quindi eventualmente anche il percorso formativo successivo.

Tutti questi aspetti relativi alle diverse parti del "processo di formazione" sono trattate, sotto forma di guida operativa, in questa seconda parte del presente testo. In particolare, ciò che ci è sembrato utile evidenziare in questa guida operativa è sintetizzabile in tre punti base:

  • l'analisi dei bisogni formativi, che risulta scarsamente attivata negli interventi formativi delle organizzazioni di volontariato, come dai dati emersi dall’indagine svolta per la realizzazione degli annuari riportati nella prima parte, è certamente una delle fasi fondamentali del processo formativo, poiché ci permette di finalizzare l’intervento formativo a precisi obiettivi su cui ricercare consenso e condivisione all’interno dell’associazione stessa. L’analisi dei bisogni e la definizione dei fabbisogni, può essere quindi considerata già essa stessa una fase di formazione e può essere articolata con diversi livelli di approfondimento. Si tratta certamente di una fase delicata e complessa, forse la più complessa dell’intero processo formativo, ma è anche quella che ci permette maggiormente di realizzare una formazione di qualità. Abbiamo quindi dedicato una particolare attenzione, nella nostra guida, a questa fase del processo formativo ed abbiamo individuato anche due diversi "percorsi" e metodologie di analisi dei fabbisogni a seconda che siano per singole associazioni o per un insieme di associazioni (appartenenti ad uno stesso settore o territorio). L’intento è stato quello di semplificare questa fase del processo formativo senza banalizzare proponendo due diversi livelli di approfondimento. Se quindi la lettura di questa parte della guida potrà risultare difficile a chi si accinge per la o le prime volte a realizzare processi formativi, riteniamo comunque importante sottolinearne l’importanza e la necessaria attenzione che le va riservata, anche quando la metodologia può sembrare non sempre di facile applicazione.
  • il processo formativo, sia all’interno di ogni sua fase che nel suo complesso, tende sempre a produrre un cambiamento: cambiamento in uno o più caratteri di un soggetto, di un gruppo o nell’organizzazione. Dall’analisi dei fabbisogni formativi, quindi, la successiva pianificazione prima e la progettazione poi, dovranno innanzitutto evidenziare finalità ed obiettivi dell’intervento formativo, e quindi in ultima analisi, il cambiamento che s’intende perseguire. Infatti la formazione può essere intesa come modalità per favorire cambiamenti, anche di tipo organizzativo e talora profondi. "…Il rischio consiste nel pensare che i soggetti imparano e le organizzazioni cambiano, che tutto questo è opera della formazione e che in ultima analisi la formazione è quindi un’attività organizzativa…occorrerebbe quantomeno precisare che i soggetti cambiano in quanto apprendono, mentre le organizzazioni apprendono in quanto cambiano" (1) . Il fatto, comunque, che per esempio i volontari si possano trovare in aula a parlare di come affrontare alcuni problemi organizzativi della propria associazione, è già probabilmente il frutto di cambiamenti in corso (intervenuti nel contesto sociale, territoriale o all’interno della stessa associazione) di cui gli individui, o gruppi, prendono coscienza in misura e in modi più appropriati,. Non sempre le associazioni sono in grado però di apprendere e governare tali cambiamenti di carattere organizzativo, ma certamente la formazione favorisce la ricerca di soluzioni ed attiva i soggetti coinvolti, favorisce la comunicazione ed il cambiamento stesso.
  • infine, ciò che abbiamo voluto evidenziare in questa guida è che la formazione - intesa sia di tipo tecnico-operativo che al ruolo - per essere efficace potrà adottare metodologie in varia misura "coinvolgenti", ossia dovrà riuscire a sviluppare la partecipazione attiva di coloro a cui si rivolge, stimolandola anche con apposite "tecniche" e "giochi d'aula", con simulazioni, vari tipi di lavoro di gruppo. I processi di apprendimento sono infatti attivabili solo con adeguate strategie formative: ciò implica una scelta, da parte del formatore, delle metodologie didattiche più appropriate al contesto ed ai soggetti a cui ci si rivolge con l’intervento formativo. In particolare il "metodo attivo" si caratterizza nel presentare ciascun problema nella sua complessità e prevedendo il coinvolgimento diretto dei corsisti, mediante esercizi pratici, la sperimentazione, la discussione. L’ipotesi di base è comunque quella di far riprodurre in aula, in gruppo, problemi effettivamente vissuti o tipici, esaminando le dinamiche e le caratteristiche essenziali, per gestirli o per rimettere in discussione i propri comportamenti per migliorarli.

NOTE

1) G.P. Quaglino, "Fare formazione", il Mulino, Bologna, 85, pagg. 22 e 23


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