Misure alternative: risparmiare 210 milioni
I detenuti nelle carceri italiane sono 54.428, ovvero il 10,4% in più rispetto alla capienza. In alcuni istituti il sovraffollamento supera addirittura il 60%. Il sistema carcerario, per come lo conosciamo oggi, ogni anno costa quasi 3 miliardi di euro. Ma se investissimo sulle misure alterative alla pena potremmo ottenere un risparmio crescente: inserendo nelle realtà di accoglienza 10 mila detenuti si registrerebbe un risparmio di oltre 210 milioni l’anno. E’ quanto emerge dalla ricerca condotta da Centro Nazionale per il Volontariato (Cnv) e Fondazione Volontariato e Partecipazione (Fvp) presentata ieri alla Camera dei Deputati in occasione dell’evento “#LaCertezzaDelRecupero. I costi del carcere e il valore delle misure alternative“. Scorrendo il report si scopre inoltre che nel mondo carcerario operano 274 organizzazioni del terzo settore, ma sono ben 8.471 quelle che si dichiarano disponibili ad accogliere detenuti o ex detenuti per il reinserimento o il recupero.
“Il nostro impegno a favore delle misure alternative alla pena continua” ha detto il presidente del Cnv Edoardo Patriarca a nome del gruppo di lavoro ‘La certezza del recupero’ di cui fanno parte di cui fanno parte – tra gli altri – anche Seac, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Caritas, Sesta Opera San Fedele di Milano, Padre Nostro di Palermo e Associazione Papa Giovanni XXIII. “Investendo sulle pene alternative risolveremmo molti problemi”, prosegue Patriarca. “Quali? Il sovraffollamento, ad esempio. Ma riusciremmo ad abbattere sia i costi sia la recidiva. Senza considerare le migliaia di posti di lavoro che si andrebbero a creare”.
Guido Chiaretti, presidente della Sesta Opera S. Fedele Onlus, ricorda che “i volontari in carcere sono a oggi circa 10 mila. Ma i volontari che lavorano con gli uffici locali per l’esecuzione penale esterna sulle misure alternative, be’, sono praticamente inesistenti. I dati vicini allo zero. E’ quindi necessario che il collegamento tra volontariato e Uepe sia consentito per legge, in tempi brevi”.
Del resto, sul tema carcere, saranno emanati a breve i decreti attuativi che sono ad appannaggio diretto del ministro della giustizia Andrea Orlando. “E’ quindi necessario intervenire in fretta attuando modifiche che riconoscano e diano dignità a tutto il terzo settore. Riconoscendo tutte quelle realtà, a partire dalle comunità, che garantirebbero l’abbattimento dei costi e della recidiva” spiega Laila Simoncelli (servizio legale dell’associazione Papa Giovanni XXIII).
“Ci illudiamo che il carcere dia sicurezza, ma non è vero” sottolinea Giorgio Pieri della Papa Giovanni XXIII. “Ogni giorno entrano e escono dal carcere circa mille detenuti. Per loro la recidiva è del 75 percento. Tra le persone che accogliamo in comunità la percentuale scende fino al 7. Quindi cosa conviene finanziare? Chi genera è il 75 percento di recidiva o il chi porta quella cifra a 7? Un uomo recuperato non è più pericoloso. Come amava ricordare don Oreste Benzi, dobbiamo passare dalla giustizia vendicativa a quella educativa”.
La popolazione carceraria – Negli istituti di pena – al 30 novembre 2014 – i detenuti sono 54.428 (33,4% stranieri, appena il 4,4% donne); 36.962 sono imputati in attesa di giudizio. La quota più alta (32.427 persone, di cui 9.013 stranieri) scontano la pena per un delitto contro il patrimonio. A presentare i dati della ricerca, nella sala stampa della Camera dei Deputati, è stato Giulio Sensi, responsabile della comunicazione di Fvp.
Il sovraffollamento – Rispetto alla capienza complessiva, sono 5.119 i detenuti in più rispetto alla capienza stimata sugli standard del Ministero della Giustizia. Un’eccedenza del 10,4%, distribuita in maniera non omogenea sul territorio. La situazione più critica è quella della Puglia, le regioni più virtuose sono invece Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta e Sardegna. Il tema del sovraffollamento va comunque esaminato rispetto ai singoli istituti di pena: dei 202 esistenti in Italia, il 22% (44) contengono un numero di detenuti superiore del 60% rispetto alla capienza.
Le misure alternative alla pena – Sono 31.045 i condannati o imputati che scontano o attendono la pena attraverso misure alternative al carcere, lavoro di pubblica utilità, misure di sicurezza, sanzioni sostitutive e messa alla prova nei servizi sociali. Quasi 20 mila di loro si trovano in affidamento in prova al servizio sociale, in semi-libertà o in detenzione domiciliare. Quelli giunti alla misura alternativa al carcere dallo stato di detenzione sono 9.273. Le misure alternative coinvolgono soprattutto gli italiani. Un dato che si spiega spesso con l’assenza di una residenza da eleggere a domicilio.
I costi della detenzione – L’ultima stima risale al 2013 e restituisce un costo medio giornaliero a detenuto (al netto delle spese sanitarie) pari a 123,78 euro, per un costo complessivo annuo del sistema penitenziario di 2,977 miliardi di euro. Il costo medio risente in maniera inversamente proporzionale del numero dei detenuti: questo fenomeno è dovuto alla grande incidenza dei costi “fissi”: il personale copre l’82% del costo del detenuto, mentre il costo netto di mantenimento è inferiore ai 10 euro al giorno. Ne consegue che l’effetto primo e più importante dell’estensione al ricorso di misure alternative alla pena – nel breve periodo – è la riduzione del grave sovraffollamento delle carceri. Solo dopo aver risolto tale urgenza, e avendo dunque esteso le pene alternative agli almeno 5.739 detenuti attualmente in eccedenza nelle “case circondariali” (se non ai 9.671 in eccedenza negli istituti che sono oggi in condizioni di sofferenza), “in una prospettiva temporale più estesa – si legge nel report – potremmo porci il quesito su come migliorare ulteriormente le condizioni di detenzione nelle carceri o ridurre in misura ancor più drastica il numero dei detenuti in modo da consentire la chiusura di alcuni di essi”.
Il risparmio dell’alternativa alla pena – Per i primi 5.723 detenuti, il risparmio complessivo sarebbe pari a zero (cioè corrisponderebbero all’indennizzo stimato nel costo medio di 30 euro per detenuto da trasferire alle realtà di accoglienza). Aggiungendo altri detenuti da trasferire nelle strutture di accoglienza, si potrebbe iniziare a “intaccare” i costi fissi in misura progressiva. A titolo di esempio: trasferire alla pena alternativa 10 mila detenuti consentirebbe un risparmio netto per l’intero sistema di 577 mila euro al giorno (oltre 210 milioni l’anno).
Il terzo settore e il mondo carcerario – Potenzialmente sono 8.471 le organizzazioni di volontariato disponibili ad accogliere detenuti o ex detenuti per il reinserimento o il recupero. Al momento sono 274 le organizzazioni del terzo settore che operano nel mondo carcerario, pari a 5 associazioni ogni mille detenuti (con squilibri nella distribuzione territoriale). Ma secondo la rilevazione sulle organizzazioni di volontariato condotta dalla Fondazione Volontariato e Partecipazione e dal Centro Nazionale per il Volontariato, sono quasi 3 mila le associazioni di volontariato che operano sporadicamente – e su diversi livelli – in ambito penitenziario o che comunque operano a contatto con il mondo carcerario (173 di queste operano per intero o in via maggioritaria). Quelle che sarebbero disponibili ad impegnarsi nel settore sono 1.747; 2.457 sono invece disposte a partecipare a progetti di sensibilizzazione sul territorio; 3.403 hanno espresso la disponibilità ad accogliere detenuti o ex detenuti per il reinserimento e il recupero. Pertanto le organizzazioni di volontariato possono offrire un contributo fondamentale per risolvere il problema di un sovraffollamento degli istituti di pena che oggi conta 5.119 detenuti in eccedenza con riferimento al complesso, e 9.671 se ci si ponesse l’obiettivo di eliminare il sovraffollamento da ogni singolo istituto oggi in sofferenza.
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